VILLA CARLOTTA
Villa Carlotta, edificata intorno al 1690, per conto del marchese Giorgio II Clerici, importante mercante di seta, che la decorò all'interno con soffitti in stile barocco lombardo, e all'esterno con un giardino all'italiana, caratterizzato da scenografiche scalinate a tenaglia, dalla balaustra, da fontane e dalla cascata dei nani; fu venduta nel 1801 a Gian Battista Sommariva, avvocato e politico lodigiano, che arricchì la villa con un parco all'inglese e con preziose opere d'arte, tra le quali "Amore e Psiche" di Adamo Tadolini su copia del Canova, la "Maddalena" del Canova, un fregio dell'"Ingresso di Alessandro Magno in Babilonia" di Berthel Thorvaldsen, busti del Fontana, tele di Francesco Hayez, tra cui l'"Ultimo bacio di Giulietta e Romeo", dipinti di Bossi, Appiani e Wicar.
Dopo la morte di Sommariva (1826), gli eredi decidono di vendere tutta la proprietà con la sua raccolta d'arte alla Principessa Marianna di Nassau, moglie del Principe Alberto di Prussia, che la dona a sua volta alla figlia Carlotta dalla quale la villa prende il nome attuale.
La famiglia Sassonia-Meiningen attribuisce all'edificio soltanto la funzione di soggiorno, di riposo e di villeggiatura e, perciò, non gli reca grandi modifiche, mentre amplia il giardino all'inglese, arricchendolo di piante rare ed esotiche quali sequoie giganti, thuje, cedri del Libano, alberi del sughero, della canfora e della mirra, papiri, banani, palme, araucarie, orchidee, rododendri, azalee e tante altre, dando così a tutto il complesso un aspetto suggestivo e scenografico. Viene creato anche un pergolato degli agrumi: aranci, mandarini, pompelmi, cedri, limoni, bergamotti.
Il patrimonio botanico supera le cinquecento specie e sono anche di grande suggestione le prospettive di architettura per giardini che hanno saputo sapientemente sfruttare l'andamento del terreno. Fino allo scoppio della prima guerra mondiale, la proprietà resta ai Sassonia-Meiningen; successivamente, con Decreto Reale del 12 maggio 1927, viene costituito l'Ente Morale Villa Carlotta, che si assume la gestione della villa con le opere d'arte contenute, degli edifici secondari, del giardino e dei terreni annessi, risponde della loro conservazione e si impegna a pagare allo Stato un canone annuo.
Le regole statutarie prevedono di devolvere al miglioramento della villa tutti gli introiti derivanti dai biglietti d'ingresso, mentre le passività eventuali sono a carico dell'Ente stesso. I partecipanti alla costituzione dell'Ente sono tenuti a garantire l'adempimento di tali obblighi e a prestare la propria attività senza compensi. Attraverso questa impostazione, lo Stato ha la garanzia che il bene di Sua proprietà venga mantenuto in perfette condizioni, se non addirittura migliorato, senza dover sborsare assolutamente nulla.
VILLA LA QUIETE
Villa La Quiete, nella frazione di Bolvedro, fu fatta erigere all'inizio del XVIII secolo dai duchi Del Carretto, passò prima alla famiglia Brentano, poi ai Serbelloni, i quali le diedero l'aspetto attuale, impreziosendola con l'antistante giardino all'italiana, la cancellata in ferro battuto, lo scenografico imbarcadero (1813), decorazioni e arredi di valore.
I Serbelloni ospitarono, per ben nove anni, l'abate-poeta Giuseppe Parini, come precettore del giovane Gian Galeazzo. Per matrimoni, la villa passò ai Busca e quindi ai conti Sola-Cabiati, attuali proprietari; purtroppo essa non è visitabile.
L'impianto de "La Quiete" è caratterizzato da un corpo centrale a tre piani, affiancato da due ali più basse; l'esterno ha un aspetto classicheggiante con decorazioni barocchette, mentre gli interni sono sontuosamente arredati.
VILLA LA CARLIA
Villa La Carlia del 1676, prende il nome dagli antichi proprietari De Carli ed è situata nei pressi di villa La Quiete, sulla cima di un pendio, collegato alla strada da una lunga scalea che ne costituisce l'elemento caratterizzante. Presenta sobrie linee architettoniche ed un elegante parco. Anch'essa non è visitabile e attualmente è nota anche come Villa Pirelli, dal nome degli ultimi proprietari.
VILLA AMILA
Fu edificata nel 1931-32 su progetto del razionalista Architetto Pietro Lingeri, per conto dell'Associazione Motonautica Italiana Lario. Ciò spiega la particolare forma "a nave" dell'edificio e la sua ubicazione diretta a lago. Nonostante i numerosi interventi atti a trasformarla in villa residenziale, conserva ancora l'ardito equilibrio tra le istanze razionalistiche e l'aggiornamento secondo Le Corbusier.
VILLA MEIER
Villa Meier (o Villa Mainona) è il risultato della ristrutturazione, ad opera di Pietro Lingeri, di una villa patronale ottocentesca (Villa Hortensia, di proprietà di Roberto Meier), danneggiata da un incendio nel 1919. L'architetto provvide anche all'arredo e al rifacimento di alcuni locali, come il soggiorno e la cucina in marmo di Varenna e alla trasformazione della rimessa per auto e carrozze in casa del custode, alla quale furono aggiunte le due scale simmetriche esterne, e al rifacimento della serra esistente aggiungendo le limonaie.
L'edificazione della Quinta scenografica sul retro del parco è dovuta alla richiesta della signora Angela Severini Meier di erigere un muro decorativo che risolvesse il problema del dislivello tra il piano del tennis e il terreno costeggiante la strada comunale.
Per il parco a lago, Lingeri fa riferimento al giardino all'italiana di Villa Colonna a Roma, proponendo una rivisitazione classica in chiave rococò, in cui si inserisce molto bene la settecentesca Tarocchiera ottagonale.
LA CHIESA PARROCCHIALE DI SAN LORENZO
Iniziata negli anni 1775-76, la fabbrica della nuova chiesa parrocchiale si arenò dopo soli due anni per mancanza di fondi, dovuta alla morte prematura dei principali benefattori ormai residenti fuori comune o nel nord Europa. La costruzione, allo stato iniziale, con le mura elevate di alcuni metri sopra le fondamenta, fu ripresa dopo quasi cento anni e terminata nel 1894 su disegno dell'architetto Parrocchetti, al quale i lavori erano stati affidati in un secondo tempo, e che si distanziava dal progetto elaborato in un primo tempo dall'architetto Carlo Colombo. L'imponente edificio in uno stile eclettico tra neoromanico (l'abside ottagonale) e neogotico (la facciata con guglie), fu affrescato all'interno dal pittore Luigi Tagliaferri che vi lavorò dal 1906 al 1910, eseguendovi tutte le pitture del coro e della volta. Gli altari laterali dell'antica chiesa parrocchiale demolita nel 1892, furono riposti nella chiesa nuova, così quello contenente l'antico dipinto raffigurante la Madonna che offre il Bambino a Sant'Antonio di Padova con angeli che fanno corona, commissionato da Don Carlo I Mainoni, feudatario della Mainona (oggi ex-Nido Mosca), che fece erigere a sue spese anche l'altare in marmo nero a colonne tortili. Proviene dall'antica chiesa anche quello con l'olio su tela rappresentante Sant' Antonio Abate, San Rocco e San Sebastiano, a cui fu applicata una greca in legno dorato, levata dal vecchio altare della Madonna del Rosario. Il pittore architetto Eliseo Fumagalli di Delebio progetttò e dipinse l'altare neogotico della Madonna del Rosario con statua barocca in legno, restaurata dal decoratore Capiaghi nel 1862. Nel 1925 disegnò le scalee per la sistemazione del sagrado, sul quale già sorgeva il Monumento ai Caduti inaugurato il 25 maggio 1924, opera dello scultore Alberti, raffigurante l'Immortalità.
LA CHIESA DELLA MADONNA NERA
Posta nella frazione di Rogaro (dal dialetto Rugul=quercia), l'Oratorio dedicato alla Madonna di Einsiedlen fu edificato nel 1733 su richiesta dei fratelli Tommaso e Bernardo Magnino, con decreto datato 27 febbraio, firmato da Monsignor Durini, Vicario generale della Curia Vescovile di Como. I Magnino, come i Brentano ed altre famiglie del luogo avevano interessi in Svizzera nella città di Rapperswill, dove vi era una vera e propria colonia di mercanti del lago di Como, e da dove proviene l'antica statua in legno di tiglio, non anteriore al 1680 inizio 1700, opera di uno scultore svizzero o tedesco, riproducente la Madonna miracolosa di Einsiedlen, la cui statua tardo-gotica originale risale alla metà del 1400. Nel suo testamento del 1759, il signor Bernardo Magnino istituì una Cappellania di giuspatronato laico trasmissibile in linea maschile nella sua famiglia, che però si estinse nel 1827, quando fu nominata erede universale delle sostanze Magnino e quindi anche dell'Oratorio, la signora Francesca Achler moglie del signor Luigi Grandi, domiciliati a Lenno, puchè portasse il nome di Grandi-Magnino. La famiglia Grandi usò privatamente la chiesa fino a circa il 1929, quando prese contatti con l'allora arciprete don Rocco Invernizzi, e la donò alla parrocchia. Le ricerche effettuate dal parroco presso l'Abbazia di Einsiedlen confermarono essere la statua una copia come se ne producevano in quella zona nei secoli passati, per essere poste in cappelle o oratori privati come quelli di Wiblingen (1681) e Rastadt (1715).
CAPPELLA FUNERARIA DELLA FAMIGLIA SOMMARIVA
Antico Oratorio di San Francesco Saverio fatto edificare dal marchese Clerici con la sua sontuosa villa, fu trasformato dalla contessa Emilia Seillière vedova di Luigi Sommariva, figlio di Giambattista,(l'avvocato di Lodi divenuto ricchissimo durante l'occupazione napoleonica, e famoso collezionista d'arte), in cappella funeraria della famiglia, in stile neoclassico. L'antico altare barocco in marmo nero a colonne tortili con balaustra fu donato alla chiesa di San Bartolomeo in Tremezzo e sostituito dal gruppo statuario in marmo bianco di Carrara, raffigurante la Madonna che tiene in grembo il Redentore morto, opera dello scultore Benedetto Cacciatori. Vi lavorarono altri scultori famosi, come Camillo Pacetti, allievo del Canova, Gaetano Manfredini e Pompeo Marchesi. Il pronao fu aggiunto nell'anno 1847, e nel 1850 il vescovo di Como concesse di benedire l'Oratorio e di cambiarne la dedicazione in quella della Madonna Addolorata. Fu aperto al pubblico nel 1894.
CHIESA DI SAN BARTOLOMEO
La costruzione è situata nella zona a lago, di fronte all'attracco per i battelli, ed è documentata a partire dal XII secolo. Dell'edificio originale restano solo alcune parti della struttura in pietra, visibili sul lato sinistro esterno al presbiterio. La chiesa attuale è il frutto di un restauro in epoca barocca, l'altare a colonne tortili e la balaustra provengono dall'antico Oratorio di San Francesco Saverio di Villa Carlotta, oggi cappella funeraria della famiglia Sommariva. Le tele raffiguranti il riposo durante la fuga in Egitto e la Sacra famiglia con Santa Elisabetta, entrambe con cornici alla maniera fiamminga, sono del Settecento. All'Ottocento risalgono la Pala Maggiore raffigurante il Martirio di San Bartolomeo, il Crocifisso della cappella a destra e l'affresco della volta che è stato pesantemente ripreso in epoca recente.
LA CHIESA DI SAN PIETRO A VOLESIO
La chiesa, molto antica, risale nella sua forma attuale all'anno 1732 circa, quando fu restaurata. A struttura Romanica preceduta da un portico risulta ancora in buono stato. La navata unica è in schietto Barocco con pavimentazione originale. Alle pareti sono posti due dipinti secenteschi, coevi della Pala d'Altare raffigurante la SS. Trinità e i santi Pietro e Paolo. Il Presbiterio risale al Settecento come pure la balaustra, gli stucchi, il tondo superiore trasformato in Gesù che incorona San Pietro, il paliotto a scagliola e le tele laterali raffiguranti il Rinnegamento di Pietro e la Liberazione di San Pietro.